Chi sono
Difficilmente m’è capitato… ora che ricordo mai, di scrivere una biografia o cos’altro,su persone esistenti o esistite, specie sulla mia persona;
è difficile farlo per uno come me abituato a scrivere invece su personaggi nati
dalla propria mente che non hanno ne tempo ne dimora, per loro mi trovo ad
essere tutto:
“madre” in quanto li ho partoriti, padre per aver indicato loro la giusta via o
meglio quella a me più congeniale;
credo quindi di non essere proprio la persona adatta a commentare l’Io che mi
appartiene;
cercherò di farlo con parole molto semplici, e con l’umiltà che penso di avere
anche nel pormi cavia di questo sperimentarmi biografo.
“Vju e guardu lu paisi,
quannu ancora
avìa li balàti;
… E fu lì che nacqui, nel lontano Settembre del ‘47… il 2, ricordo, volendo
rispettare l’amico mio più caro che fa di nome: “tempo”. Belmonte
Mezzagno, un paesino, disteso in una vallata, circondato dai monti che
sovrastano Palermo, sembra, come un bimbo in una culla, dormire beato un
lunghissimo sonno.
– Giojoso,
osservo dall’alto della mia rupestre dimora in su del “Pizzo Bellomonte”,
e m’inebrio nel rimirar le pietrose vie di quel tempo remoto. –
e la genti, fora,
‘ntra li strati,
sutta lu suli cucenti,
parrari junciuta;
Vedo ancora l’animato capannello cuocersi sotto i cocenti raggi; e la
vecchietta, stanca, narrare storie di vita colorata, arsa di quel sole
settembrino;
mentri all’umbra
di ‘na manu jsata
‘na vicchiaredda
cuntannu joca
mentre un bimbo, ricordo, inseguiva, con lento movimento… come flemmatico era quel dolce narrare della vecchietta, la scarnosa mano mimare placida l’arcana storia; e mentre la furtiva ombra donatagli dal dolce ristoro, s’abbeverava in quel ricco sapere di un tempo
a lu carmuciu ‘mbambulatu
ca cu lu sguardu assenti,
curri
‘ntra dda fàula
‘nvintata.
Ed egli, fanciullo, “allaccarùtu”, immobile ascoltava; mentre la sua mente
libera, in
quell’inventata favola, gironzolava negli infiniti spazi senza frontiera.
Ora, a tempu scurdatu,
cercu, caminannu
nna ddi strati… nenti.
Ora, quando già le pagine del libro della vita volgono a termine, riguardo
quelle che furono giojose vie; ed intristito, rivango, cercando nella mia annebbiata,
mente… niente.
La genti, ca tannu
parrava,
ora, fui ‘n fretta.
Il capannello, rimane solo un ricordo sbiadito dal tempo; la gente che
allora parlava, ora
fugge in fretta, inseguita dal breve “domani”.
Lu carmuciu, già granni,
s’avvrazza forti
a lu prisenti;
Il fanciullo già grande s’abbraccia forte al presente,
jornu senza méta,
cursa sfrinata.
Quantu valuri avia,
oh carmuciu…!
dda manu jsata.
giorno senza méta, corsa sfrenata. Quanti valori aveva, oh fanciullo,
quella scarnosa mano
alzata!
Questo breve discorrere, che può sembrare intriso di nostalgia, è solo un
sottilissimo filo che mi lega a speranze di migliori domani.
E’ questo mio vissuto, fra strade e vanèddi, in mezzo alla gente
semplice e povera d’allora, che di averi possedeva solo i giorni, lunghi giorni
di fame e tanta sofferenza; ma giorni ricchi di valori esistenziali, che mi
hanno donato quell’umile arte di poter esprimere, quanto di bello la vita ci
dona e tramandare ai posteri, attraverso la poesia, la narrativa, il
teatro, quelle dolci speranze di meravigliosi domani, senza arrancare tra fati
e destini, facili prede di una ignoranza che stenta a morire.
Questa mia attività letteraria, se così si può dire, forte di avvenimenti
sopra narrati, comincia in piena età giovanile con la stesura di numerose
poesie scritte in lingua italiana e in dialetto siciliano. Si tratta di
componimenti in cui le numerose immagini idilliache e le metafore si
intrecciano con un forte impegno di carattere sociale, argomento centrale che
li accomuna pur nella infinita diversità dei temi.
Questi componimenti hanno riscosso il dovuto successo se si tiene conto dei
numerosi riconoscimenti tributati in occasione di varie manifestazioni
culturali tenutesi in diverse zone d’Italia: Vittoria (RG), Carini (PA),
Pescara, Terni e così per tanti altri paesi.
Diversi i libri pubblicati, e a breve un libro di racconti.
Accanto a questa venatura poetica, spicca il talento teatrale che mi ha
permesso non solo di comporre una trentina di opere (tra cui commedie e drammi)
ma di essere anche il regista che ha permesso l’effettiva realizzazione di
alcune di esse. Sono tanti i teatri che mi invitano a vedere le mie opere, e,
se devo essere sincero, sono molto contento nell’accogliere gli inviti, ma
dispiaciuto nel non poterli esaudire tutti.
Ho vinto, come Direttore Artistico, sei migliori Presepe Viventi d’Italia e
uno Migliore d’Europa 2018/19 a Belmonte Mezzagno, giusto quest’anno
parteciperò col comune di Corleone (PA).
Ho vinto per due anni consecutivi il Concorso Nazionale “TORNEO APPALUSI”
CON MEDAGLIA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA.
Ho ricevuto diverse Cittadinanze Onorarie di diversi comuni d’Italia:
Malvagna (ME), Sant’Andrea Apostolo dello Ionio (CZ), Macchia di Spezzano (CS)…
Lungo quel mio peregrinare ho incontrato tantissima gente, di spettacolo;
tra cui Accursio Di Leo, grande Maestro di teatro (sono stato suo allievo
per circa 15 anni) che tanto ha fatto maturare in me l’arte della
teatralità; da ragazzo ho avuto l’onore di cenare al Circolo Ufficiali di Palermo
con il poeta Salvatore Quasimodo ed il Maestro Michele Lizzi, grande
compositore ed amico, che chiudevano in quel periodo, ricordo, la composizione
di: “L’amore per Galatea”.
Ho conosciuto il Magistrato Rocco Chinnici, innamorato delle mie liriche
che erano pubblicate sul Giornale di Sicilia. In uno di quei giorni che ci vedemmo
mi raccontò l’origine del nostro casato… dei Chinnici per l’appunto.
“ Devi sapere ” mi diceva – “ sbarcarono, provenienti dalla lontana
Inghilterra, un gruppo di gente; non si seppe con certezza se questi venivano
per commercio o per altro. Dopo tanto vagare “ – continuava a raccontare
orgoglioso d’essere riuscito a
risalire al proprio casato; – “ arrivarono a Sommatino (un paesino
dell’entroterra fra Riesi e Canicattì). Non sapevano in paese il perché della
loro venuta, il motivo insomma che li spinse a Sommatino. Erano tempi in cui la
Sicilia era invasa da popoli diversi; di certo, gli abitanti del paese, capirono
che l’intenzione dei nuovi arrivati era quella di rimanere a Sommatino.
Il tempo passava; al Comune decisero che dovevano regolarizzare anagraficamente
i nuovi ospiti, e come? Con quale nome, se nemmeno li conoscevano?E intanto che
si pensava il da fare e quale nome loro assegnare, il Sindaco di quel tempo
ebbe un’idea geniale, disse: <<li chiameremo Chìnnici!>>
Erano quindici, infatti, nel gruppo; ed è così che ancora oggi difatti si
pronunzia, là, in quel paesino, il numero 15.
Tanti personaggi ho ancora conosciuto e tutti in me hanno lasciato un
indelebile segno.
Devo dire grazie a tutte queste conoscenze ed esperienze di vita, e l’aver
lavorato con i disabili ed i bambini del paese.
Ancora oggi, continuo ad essere impegnato in questa attività letteraria che
mi ha permesso di ricevere grandi meriti che mi onorano e che mi permettono
sempre più di scrivere: opere teatrali, poesie, racconti e questa mia umile
biografia che tanto mi auguro possa entrare nel cuore di tutti i lettori.
Rocco Chinnici
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